Farian Sabahi (1967) è ricercatrice senior in Storia contemporanea presso l’Università dell’Insubria e delegata per gli Affari istituzionali e diplomatici presso il DISUIT (Dipartimento di Scienze Umane e dell’Innovazione per il Territorio). Specializzata sull’Iran e sullo Yemen, è membro della Sissco (Società italiana per lo studio della storia contemporanea), della Sis (Società italiana delle storiche) e dell’Aiso (Associazione italiana storia orale).

Laureata in Economia all’Università Bocconi e in Storia Orientale a Bologna, ha conseguito il Ph.D. in Storia presso la School of Oriental and African Studies di Londra con una tesi sull’Esercito del Sapere durante il regno di Muhammad Reza Pahlavi (1963-79). Ha svolto ricerca sui contratti petroliferi buy-back (per il post-dottorato all’Università di Bologna) e sulle zone di libero scambio nel Golfo persico (per l’assegno di ricerca presso l’Istituto di Storia Economica, Università Bocconi).

Si occupa di Medio Oriente, Caucaso e Asia Centrale. Fa uso della storia orale e di una metodologia multidisciplinare che tiene conto della storia, dell’economia, degli aspetti religiosi e culturali, con un’attenzione alle minoranze e alle problematiche di genere.

Nel primo semestre dell’anno accademico 2023-24 ha insegnato il corso Storia contemporanea del Medio Oriente (64 ore, 8 CFU) e i seminari Introduzione alla Storia contemporanea del Medio Oriente (32 ore, 4 CFU) e La Storia contemporanea del Medio Oriente attraverso la sua letteratura femminile (32 ore, 4 CFU).

Ha tenuto corsi in atenei italiani e stranieri. Nell’anno accademico 2021-2022 ha insegnato “International Relations of the Middle East” (64 ore) all’Università dell’Insubria sede di Varese e il corso “States Economy and Global Markets” (64 ore) su Iran, Afghanistan, Israele, Yemen e Uzbekistan nella sede di Como. Nel 2019, durante l’estate 2022 e nel semestre autunnale 2022-2023 ha insegnato “History and Politics of Contemporary Iran” alla John Cabot University di Roma (45 ore).

È autrice di numerosi articoli scientifici e saggi pubblicati da editori italiani e internazionali. Il suo ultimo libro è Noi donne di Teheran per le edizioni Jouvence (2022). Si tratta di un volume composto da tre testi: 1) una prefazione sulle proteste scatenate dalla morte della ventiduenne Mahsa Amini. 2) il testo per il teatro Noi donne di Teheran, un racconto – in prima persona femminile – sulle origini della capitale iraniana e sulle sue contraddizioni, sui diritti delle minoranze religiose e delle donne. Donne protagoniste in vari ambiti, sport inclusi, anche se troppo spesso sono state un tassello nella propaganda di regime. Un reading animato dai versi dei grandi poeti persiani e da una buona dose di ironia, per sorridere su temi complessi e abbattere i soliti stereotipi. 3) Il libro-intervista Il mio esilio con l’avvocata Shirin Ebadi, insignita del Nobel per la Pace 2003. 

Nel 1994 ha iniziato a scrivere per le pagine culturali La Domenica di “IlSole 24Ore”; è giornalista iscritta all’Ordine del Piemonte e collabora con testate giornalistiche (Corriere della Sera, il manifesto, La Stampa), programmi televisivi e radiofonici italiani (Radio Popolare, Radio Rai) e stranieri (Radio Svizzera, BBC, BBC Persian).

Nel 2019 il MAO Museo d’Arte Orientale di Torino ha ospitato la sua mostra fotografica Safar: vite appese a un filo, viaggio in un Medio Oriente che non esiste più (1997-2003). Nel 2021 la mostra Safar è stata ospitata a Parma capitale della cultura.

Come regista ha realizzato i cortometraggi I bambini di Teheran (2018) sui rifugiati polacchi in Iran durante la Seconda guerra mondiale, Out of place (Skytg24, 2009) e Che ne facciamo di Teheran? (Rainews24, 2008); in tutti e tre i video, protagonisti sono israeliani di origine iraniana o con un qualche legame con l’Iran, intrecciando così le vicende iraniane a quelle dello Stato ebraico. È stata protagonista del documentario Minareto mille punti sulla moschea in fase di costruzione a Colle Val D’Elsa (regia di Pietro Raschillà, con Edoardo Camurri).

Figlia di un iraniano e di una piemontese, racconta le vicende di famiglia nel memoir Non legare il cuore. La mia storia persiana tra due paesi e tre religioni (Solferino, 2018), con cui è stata insignita del Premio Giuditta ad Alessandria, la sua città natale. Questo volume è anche frutto di ricerche negli archivi di Baku, Azerbaigian: grazie a queste ricerche, è stato possibile trovare traccia delle vicende del bisnonno (padre della nonna paterna Mariam) arrestato dai bolscevichi e costretto all’esilio alla fine degli anni Venti del Novecento).

La video presentazione

Il genero iraniano si concede un caffè e la suocera piemontese ne approfitta per prendere la neonata, salire nella cappella al primo piano della clinica e farla battezzare all’insaputa dei genitori. È l’evento che segna la vita di Farian, figlia di uno dei primi matrimoni misti degli anni Sessanta. Dalle sponde del Tanaro alle rive del Mar Caspio, dai monti Elborz alle colline del Monferrato, Farian cammina su un filo teso tra Oriente e Occidente, scoprendosi discendente dal Profeta Maometto secondo la tradizione sciita, sentendosi bollare come «bastarda» dal professore di religione. Sempre straniera, nomade. Sarà la nascita del figlio Atesh a innescare le domande cruciali sulla fede: per lui, e per se stessa. Così, Farian parte per un viaggio nella memoria e ci porta con sé. Sono mille i colori di questo racconto che intercala lessico persiano e dialetto piemontese, tessendo l’ordito e la trama di una vita che unisce Paesi ed epoche all’apparenza inconciliabili: dall’Italia degli anni di piombo all’Iran della Rivoluzione di Khomeini, e a ritroso nel regno dello scià e nell’Azerbaigian travolto dall’Armata rossa. Quale religione, quale pensiero filosofico, quale appartenenza può comporre le differenze? Forse la libertà che Farian ha fatto sua fin da piccola, in famiglia e con la docente di filosofia del liceo. Una libertà morale e spirituale difesa a oltranza, che trova espressione nel sufismo ma non abita nei dogmi di una confessione.

La recensione di Monsignor Ravasi su La Domenica del Sole24Ore_13 maggio 2018

La recensione di Jessica Chia sul Corriere della Sera_8 maggio 2018

PREMI (oltre al già citato Premio Giuditta per il memoir “Non legare il cuore”):

Il Comitato Scientifico del Premio Internazionale “Città del Galateo-Antonio De Ferrariis, Premio Insignito Della Medaglia Del Presidente Della Repubblica, con i Patrocini Morali del Senato della Repubblica, della Camera dei Deputati, della Regione Lazio, terminato i propri lavori per il conferimento dei Premi d’Eccellenza, ha decretato che per la infinita esperienza e le meritevoli attività per la Cultura e l’impegno sociale, il conferimento e consegna del PREMIO D’ECCELLENZA CULTURA DONNA per il suo libro NOI DONNE DI TEHERAN. Il conferimento del Premio è avvenuto a Roma il 6 ottobre 2023.

Il 25 febbraio 2023 si è aggiudicata il 3° Premio Margherita D’austria per il Giornalismo e Saggistica conferito dall’Inner Wheel Club di Ortona (CH) presso il Teatro F.P. Tosti.

Il 10 dicembre 2022 è stata insignita della cittadinanza onoraria della città di Siracusa “Per il grande impegno profuso nel promuovere la difesa dei diritti umani e la conoscenza del Medio Oriente – in particolare dell’Iran e dello Yemen – attraverso le sue pubblicazioni accademiche in italiano e in inglese nel settore della Storia contemporanea, insistendo sui diritti delle minoranze religiose e sulle questioni di genere, nonché per essersi distinta come giornalista professionista nella divulgazione del mondo islamico nella sua complessità, coniugando cultura e libertà, rigore scientifico e onestà intellettuale, con un approccio originale e non stereotipato, evidenziando le contraddizioni e superando ogni schematismo.”

L’8 giugno 2016 è stata insignita del premio giornalistico “Con gli occhi di una donna” (Parma).

Il 6 giugno 2011 ha ricevuto il premio Torino Libera, intitolato a Valdo Fusi e organizzato dal Centro Pannunzio Associazione di Libero Pensiero, con la motivazione seguente: «Il Premio intende riconoscere le figure più significative del mondo torinese che hanno realizzato le loro attività attraverso una testimonianza di libertà, di spirito critico, di anticonformismo. Seguendo la migliore tradizione subalpina queste figure hanno saputo guardare oltre le Alpi, secondo l’esempio che fu di Alfieri e Gobetti, Baretti e Cavour che non espressero mai una cultura “sotto la Mole” ma una cultura cosmopolita, internazionale ed europea. In questo contesto si colloca la premiazione di Farian Sabahi che contribuisce, al di là di ogni manicheismo, in modo davvero laico e scientificamente significativo, a facilitare la comprensione del mondo islamico, superando ogni schematismo. Farian Sabahi è un esempio di cosa significhi coniugare cultura e libertà, rigore scientifico ed onestà intellettuale. La sua testimonianza di livello davvero internazionale onora Torino e la sua università di cui è docente».

Il 19 giugno 2010 è stata insignita del Premio Amalfi sezione Mediterraneo con questa motivazione: “Superare la diversità, saper fare la differenza”.

Il 22 maggio 2004 era stata insignita del Premio Mostafà Souhir per la multiculturalità nei media “per la capacità di trattare un tema legato alla multiculturalità con un approccio originale e non stereotipato”.